Dalle volontarie di Gazzella a Gaza – 4 maggio 2018

Pubblicato il 4 maggio 2018 da Gazzella
 

Venerdì 4 maggio 2018

Aeroporto, 15.30. Tre ore alla partenza dell’aereo. Una birra ed orride patatine per farmi compagnia.

Ho alle spalle Gaza, Gerusalemme, la maledetta partenza del Giro d’Italia che ha blindato tutta la città. Corsa al cronometro, per farla durare di più. Dalle 9.30 del mattino alle 16.10 del pomeriggio, almeno secondo una previsione della Gazzetta dello sport, che ha incassato svariati milioni per questa genialata. Perfino il Consolato generale italiano per la Palestina era contrario. Chissà quello presso Israele. Penso che “diplomaticamente” questa volta (come spesso accade) l’Italia ha due posizioni a seconda del tavolo dove si siede. È successo nella prima guerra mondiale, nella seconda e altrove.

A casa di Dino ho visto un report Ufficiale delle Nazioni Unite sugli abusi di Israele nella West Bank e a Gaza, compresi i cosiddetti “settlement”. Anche qui si fa per dire. Ci sono 620mila israeliani nelle cosiddette colonie che disegnano un muro degno di un bel ricamo dove contadini sono divisi dalle loro terre, villaggi isolati, percorsi infami. Per fare 32km Roberto, un lettore di Italiano alla Birzeit University impiega al ritorno circa 3 ore tra check point e traffico impazzito. Benvenuti nella West Bank controllata da Israele. Meglio sarebbe dire occupata da Israele, comprese vaste zone della Zona A, che doveva essere sotto l’Autorità palestinese.

Oggi è venerdì, è iniziato lo shabat e io penso a Gaza, anzi mi sento a Gaza. Mi vedo i ragazzi a mani nude con le loro T-shirt, sfidare la chiusura di Gaza. È disperazione. Non riesce a diventare strategia. Israele con la partenza del Giro d’Italia ha fatto le plain di pubblicità, mentre quei “facinorosi”, “istigati da Hamas”, pericolosi per la sicurezza di Israele, manifestano e vengono feriti ed uccisi. In questi giorni poi quel furbo di Abu Mazen, ha osato, in un incontro palestinese, parlare delle persecuzioni degli ebrei in Europa nel Medio Evo e dell’Olocausto. Tutti i giornali del mondo ne hanno parlato. Perfetto! Preciso! Mentre il mondo si interroga su Gaza, o per lo meno ha l’occasione per riflettere su come vivono i palestinesi di Gaza, lui attira l’attenzione, non sull’oggi di Israele, sul suo modo operandi, sulla violazione dei diritti umani, ma sulla Shoah!. Confermando che i Palestinesi sono antisemiti, se lo è il loro capo. Stupido o che? Si può definire un politico o un idiota o..? Sembra proprio che i palestinesi siano esperti nel fare Bingo!

Ma andiamo con ordine, dopo aver sfogato la mia rabbia.

Dal pomeriggio 30 aprile, in un momento di riposo nel salotto della nostra casa sono passati già 4 giorni.

Anzitutto il 1° aprile. Manifestazione dei vari partiti di sinistra alla quale abbiamo partecipato. Poca gente, davanti al Ministero del lavoro. Elias ci diceva che i vari funzionari avevano detto, che il 1° maggio il ministero è chiuso. Lui ha risposto “per quello che fate, aperto è chiuso è lo stesso”.

Strana giornata il primo maggio. Dopo la manifestazione Elias ci ha portato alla chiesa di rito greco-ortodosso (la sua) che è del IV secolo dC. Splendida, ci ha mostrato le tombe di suo padre ecc. Ora i cristiani di Gaza rimasti sono circa 4000. Lui dice che tra 10 anni saranno forse 200. Tutti, quando escono o per Natale o Pasqua non tornano più. Se ne vanno. Da lì, con molto orgoglio ci hanno portato in un ristorante in una vecchia, vera casa palestinese restaurata da un vignettista umoristico, famoso a Gaza. Da lì un Centro commerciale (anche noi abbiamo centri commerciali…). Pranzo in un ristorante popolare e poi un rush alla spiaggia verso Rafah, un ristorante (bar sulla spiaggia: Capalbio! Qui le spiagge sono bellissime, peccato che le fogne scaricano a mare… e non lontano dalla spiaggia. La prossima volta cerco di fare una foto: vedere per credere. Era una giornata ventosa, e pensavo ai compagni del III ristretti dentro il CCP ovvero gli amici alla tradizionale scampagnata a formaggio e fave. Un tour che forse noi ci saremmo risparmiate, ma era commovente come le tre donne di AISHA che ci accompagnavano (Elias aveva un party del Fronte popolare) cercavano di mostrarci le cose belle che ci sono a Gaza, volevano ringraziarci di essere lì, e farci condividere la loro vita.

Sono state stupende, in particolare Reem con l’invito al pranzo con la sua famiglia estesa . Un momento indimenticabile: un pranzo con Maqluba (non so come si scrive) con 26 persone. Io sono dentro la macchina fotografica ma poi anche io mi sono gettata sul cibo. Ho assistito alla sua preparazione e proverò a rifarlo a Roma (a Gerusalemme ho comperato le spezie necessarie).

Il due, dopo abbracci e baci siamo partite con Gaza nel cuore.

Lasciamo amici, gente incontrata, speranze portate avanti a fatica, un futuro incerto e ragazzi che vogliono “respirare”, studiare ed avere un futuro, perfino girare il mondo. E tornare. L’ONU ha scritto un testo severo sull’oppressione e la violazione dei diritti umani. Ma chi ne parla? Chi lo legge? Chi lo conosce? Certamente non i media italiani e quindi anche noi.

Tutto facile. Io ho passato ore a spedire con we transfer foto e testi, ma non ci sono stati problemi. Mi sto rendendo conto che sia con Hamas che con gli israeliani la mia età mi mette al sicuro: certamente una vecchia non può essere un soggetto pericoloso, terrorista, ma non lo ero nemmeno da giovane. Meglio.

Passeggiata d’obbligo alla città vecchia, ma prima visita al famoso mercato ebraico di Gerusalemme ovest. Prezzi doppi rispetto Gerusalemme est. Tutto caro anche per le nostre tasche. Interessante.

A Gerusalemme est copriamo spezie e pistacchi. Serata da Dino. Ci mancherà. Ha finito i suoi 6 anni al consolato e deve rientrare. Lavorerà per l’agenzia della cooperazione italiana in Sudan. Il suo vicino è un quasi triestino, lettore di italiano alla Birzeit University. Cena con altre donne italiane. Clima intelligente e piacevole. Ieri, prima di lasciarci (Sancia va dalla sua amica, la moglie di Daniel, fisico ebreo a Roma) ma prima di lasciarci scopriamo che c’è un Museo della tradizione palestinese. Decidiamo di andarci, è dietro l’American Colony, a due passi da dove siamo noi. Splendido, costruito anche con i soldi della cooperazione italiana e collaborazione di architetti italiani. Scopro che hanno fatto una trasferta alcuni anni fa a Pisa e Firenze. Perché non a Roma? Ci vorrei pensare. Vedere se sia possibile portare in qualche museo di Roma e organizzare quindi un periodo di mostra “antropologica” sulla Palestina. Sarebbe fantastico: si potrebbero portare le scuole, parlare della Palestina, scrivere dei bei testi . Ci sono foto di villaggi distrutti nel 1948, alcuni con molti morti.

Parliamo con il direttore. Ne sarebbe entusiasta. Penso che potrebbe essere un altro modo per creare interesse e partecipazione sulla questione Palestinese non limitata ai 4 affecionados che siamo oramai.

A Roma ne dobbiamo parlare. Vedere se sia possibile. Ci vogliono molti soldi e chi ce l’ha in Italia?

Stamani a casa di Dino sento parlare di un governo “di tregua” in Italia. La fantasia non ha limiti e mi sto già praticamente allenando al rientro.

Stamani, ultimo giro per la città vecchia. Entro dal basso, dalla porta dopo quella di Damasco. Lì si sente proprio una quotidianità palestinese, negozianti, venditori, gente del posto: finché non arrivo, dopo la via della Porta dei Leoni, alla via Dolorosa. Sono investita da gruppi di turisti: brasiliani, giapponesi, coreani…. ai ai, pieno sfruttamento turistico. Mi chiedo cosa capiscano. Ma del resto cosa capiamo noi?

Pomodoro, olive palestinesi comprati da una vecchina a terra, butter milk, melone e fragole e poi via, con lo sherut verso l’aeroporto.

Fine. Ora sono qui, circondata da italiani in attesa del volo. Nel testo di oggi, mi rendo conto, sono stata minimalista, probabilmente inutile.

Del resto riflettevo che forse solo con piccole storie di vita quotidiana, si riesce a descrivere l’indescrivibile, e provare a comunicarlo.

AMEN. 4 maggio, ore 16.43 (ora locale)

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