Relazione del viaggio di Gazzella a Gaza – novembre 2017

Pubblicato il 25 novembre 2017 da Gazzella
 

Relazione del viaggio di Gazzella in Cisgiordania e Gaza, novembre 2017

Per questo nostro viaggio in Palestina questa volta Gianna ed io abbiamo deciso di prendere un volo della Ryanair che da poco tempo ha un collegamento diretto da Roma a Tel Aviv a prezzi veramente stracciati. Pur conoscendo la qualità dei voli di questa compagnia decidiamo di utilizzarla per risparmiare e compensare almeno in parte il calo dei fondi assegnati ai nostri progetti dalla Chiesa Valdese con l’8×1000. Prima dell’imbarco fila in piedi per più di un’ora, in aereo non sai dove mettere le gambe, niente è gratis, e le povere hostess sono costrette a fare di tutto, dal reclamizzare orribili e costosi panini, fino a vendere biglietti della lotteria! Siccome per avere i posti vicini bisogna pagare un extra se non lo si fa alla stessa prenotazione fatta per due persone vengono assegnati posti lontani uno dall’altro e quindi alla partenza è tutto un movimento fra i viaggiatori per scambiarsi i posti. Comunque in poco più di tre ore arriviamo a Tel Aviv e con Kim e il suo taxi prenotato andiamo a Gerusalemme a casa di un nostro amico che lavora presso il consolato italiano. C’è molto traffico per entrare in città ma Kim, nato e cresciuto a Gerusalemme, conosce e utilizza stradine secondarie libere e così molto più delle volte precedenti ci rendiamo conto di quanti religiosi ci siano a Gerusalemme, sembra quasi ci siano solo loro.

In volo ero venuta a sapere da Gianna che il suo ingresso a Gaza era stato autorizzato per il 7 novembre mentre il mio permesso non era ancora arrivato. La richiesta, come le volte precedenti, era stata fatta insieme e sempre insieme era arrivata l’autorizzazione. Continuo quindi il viaggio molto preoccupata. Dopo una passeggiata per la città vecchia andiamo a cena con il nostro ospite in una trattoria di Gerusalemme est che ha avuto un contributo della cooperazione italiana per aprire la pizzeria che proviamo e troviamo ottima, poi andiamo a dormire. Il giorno seguente decidiamo di visitare la West Bank dove manchiamo da parecchi anni e partiamo per Ramallah. Essendo venerdì, giorno di festa per i musulmani, alla stazione degli autobus c’è gente che aspetta rassegnata senza sapere se gli autobus partiranno o no. C’è chi dice di sì, chi dice di no e chi dice che forse dopo mezzogiorno partiranno. In effetti a un certo punto appaiono dal nulla dei conducenti e con gran rumore di motori stravecchi e grandissima puzza gli autobus cominciano a muoversi e parte anche il nostro per Ramallah. Al check point di Kalandia, dove arriviamo dopo mezz’ora, c’è gran movimento di gente che sale e che scende e l’autobus fa una specie di gincana fra barricate di tutti i generi e poi riparte senza controlli ed arriva felicemente a Ramallah. I passeggeri sono per la maggior parte palestinesi, tranne qualche giovane volontario internazionale. Il centro di Ramallah è decisamente brutto, ma è allegro e affollato. Scopriremo poi che la parte vecchia ha qualche bel palazzo e qualche moschea pregevole anche se gli edifici sono decadenti e in cattive condizioni. Il giorno dopo visitiamo la scuola di musica “Al Kamanjati” diretta da Ramzi Aburedwan (il ragazzino di strada che durante la prima Intifada affrontava da solo i carri armati israeliani tirando sassi, e che ora è diventato un bravissimo violinista) per discutere di alcuni dettagli del progetto finanziato dall’associazione “Cultura è Libertà”. Il progetto consiste nell’apertura di una liuteria a Gaza, dove un laboratorio del genere manca, per riparare strumenti musicali insegnando nel contempo anche un mestiere ai ragazzi di Gaza. Purtroppo il giovane esperto che ha studiato in Inghilterra e che ripara gli strumenti per “Al Kamanjati” non è ancora, dopo quasi due anni, riuscito ad avere il permesso israeliano per entrare a Gaza e quindi questo progetto non si è ancora realizzato.

Il giorno seguente partiamo in autobus per Nablus e da là prendiamo un taxi collettivo per Sabastia. Rimaniamo veramente sconvolte dall’aumento di colonie sorte dall’ultima nostra visita alla West Bank lungo tutta la strada che collega Ramallah a Nablus; questo ci conferma una volta di più che la soluzione dei due Stati per i due popoli è ormai assolutamente irrealizzabile. Non c’è infatti continuità fra villaggi palestinesi che sono ora tutti inframezzati da colonie israeliane.

Sabastia è uno splendido sito archeologico restaurato anche con il contributo della cooperazione italiana. La città è stata costruita su una collina nel 25 a.C. È un luogo bellissimo lontano dalla confusione di luoghi come Ramallah e da insediamenti sionisti. Distrutta e ricostruita varie volte ha dei siti romani ben conservati e molto ben restaurati, ha un teatro, una basilica, il foro, un tempio di Augusto, strade, colonne e mura. C’è anche un monastero greco e una moschea. La chiesa è stata costruita dai crociati nel 1160 su di una vecchia chiesa bizantina. La vecchia cattedrale era poi stata trasformata in moschea nel 1187 che successivamente un sultano ottomano nel 1892 ha trasformato nella moschea presente oggi. Visitiamo anche la “mosaic guest house”, costruita dalla cooperazione italiana, fatta in pietra con dei bei mosaici nei muri eseguiti dagli allievi della scuola di mosaico di Gerico, anche questa aperta con il contributo della cooperazione italiana e credo gestita dai francescani di terra santa insieme a una archeologa italiana.

Pare che gli israeliani abbiano più volte tentato di impossessarsi di questo luogo meraviglioso ma che per ora non ci siano ancora riusciti.

Il pomeriggio andiamo a Nablus e facciamo un giro per la città vecchia che io non avevo rivisto dopo il restauro anzi dopo la ricostruzione dato che era stato distrutto dagli israeliani nel 2002. Incontriamo poi le donne di “Bait Alkarama”, la “Casa della Dignità”. Fondata e gestita da un gruppo di donne molto presenti nella vita sociale di questa zona di Nablus, la Casa organizza campi estivi per bambini e adolescenti per toglierli dalla strada, fa corsi di cucina tradizionale per stranieri e molte altre attività educative e culturali senza ricevere sovvenzioni, per essere completamente libera. La sede è una bella casa d’epoca ottomana concessa gratuitamente dal comune nel cuore della città vecchia. Per raccogliere fondi queste donne organizzano anche visite nella città vecchia, pranzi e cene per gruppi. Hanno anche aperto e gestiscono un parrucchiere e un negozio dove vendono sapone e prodotti alimentari da loro preparati. Sono sempre più ammirata dalla forza delle donne palestinesi che incontriamo e soprattutto dal fatto che, in situazioni veramente difficili, lavorino in grande allegria.

Torniamo poi in autobus a Ramallah e il giorno dopo andiamo a Hebron perché vogliamo vedere come procede l’occupazione israeliana della città di cui riceviamo continue notizie da mail delle associazioni che si occupano della Palestina. Anche la strada Ramallah-Hebron è ormai costellata da colonie israeliane. L’occupazione israeliana di Hebron è incredibile. I coloni – che fino a qualche anno fa erano una minoranza aggressiva – adesso hanno occupato gran parte della città e costruito molte colonie intorno alla città che ha grandi spazi inabitati con pochi ebrei ortodossi che circolano: scritte sui muri spiegano che si stanno riprendendo ciò che era loro e che gli è stato portato via dagli arabi… Shuhada Street, la vecchia strada palestinese, è sbarrata e tutte le botteghe sprangate. Entriamo nella zona occupata e ci viene chiesto più volte il passaporto da soldati israeliani armati fino ai denti. Le botteghe aperte nelle zone superaffollate rimaste ai palestinesi non fanno certo affari perché non ci sono turisti se non quelli scaricati dai tanti autobus principalmente pieni di ebrei americani che affollano le zone occupate da coloni. Piene di rabbia visitiamo la grande e bella moschea di Abramo dove c’è la sua tomba. In Cisgiordania tutto fa pensare che la pace sia sempre più lontana.

Tornate a Gerusalemme, la mattina dopo Gianna parte per Gaza ed io, ancora senza il permesso, mi trasferisco tristemente a casa di un’amica israeliana dove conto di restare fino alla partenza per Roma. E invece, inaspettatamente e chissà perché, due giorni dopo l’entrata di Gianna arriva il mio permesso ed anche io entro vittoriosa a Gaza. Il permesso è stato inaspettato perché alla richiesta fatta alla sicurezza israeliana di stanza a Eretz del perché non era arrivato il mio permesso, la risposta era stata che non sono tenuti a dare spiegazioni. L’ingresso di Erez da Israele non è cambiato ma è stato eliminato invece il lungo e noioso controllo di Hamas. L’autorità palestinese di Fatah, come accadeva anche prima, dà solo una occhiata al passaporto. Chissà che la prossima volta non si possa anche portare dentro del vino! Questo primo segnale risultante dall’accordo Fatah-Hamas è già positivo, speriamo non sia l’unico!

In questo viaggio i bambini che intendevamo visitare erano quelli adottati attraverso l’associazione Aisha e cioè i bambini feriti nel 2014 nell’operazione israeliana “Margine Protettivo” e ho cominciato a visitarli il giorno stesso del mio arrivo. Con molto piacere abbiamo constatato che molti bambini stanno sicuramente meglio fisicamente. Invece grandi miglioramenti psicologici purtroppo non se ne vedono ma forse ci vuole più tempo o forse ci vorrebbe un’atmosfera più serena e tranquilla e sicuramente la possibilità di poter dar loro di più per rendere la loro vita migliore.

Abbiamo incontrato poi i rappresentanti di un’altra associazione con cui Gazzella lavora, l’associazione Hanan, che ha avuto un finanziamento (Gazzella-Hanan) dall’8×1000 della chiesa valdese per un progetto che siamo venute ad avviare e che consiste in un corso di sei mesi alle madri di bambini handicappati o feriti perché imparino a trattare a casa i loro figli. È diventato infatti molto difficile, a volte impossibile, raggiungere un centro di fisioterapia: o perché non ne esistono nelle vicinanze della casa o perché le famiglie non hanno i soldi per il taxi per portarceli o per altre ragioni. Il dato reale è che questi bambini di Gazzella-Hanan molto raramente ricevono le cure necessarie a migliorare e quindi a vivere un po’ meglio. Un altro scopo importante del corso è quello di far socializzare le donne che, soprattutto quando hanno un figlio handicappato, rimangono molto sole e isolate. Abbiamo assistito alla prima lezione in cui, per cominciare, si insegnava alle donne come rilassarsi.

Nel complesso la situazione apparente a Gaza non sembra molto diversa dall’ultima volta che ci sono stata meno di sei mesi fa, forse mi appare un po’ peggiorata. Si continua a costruire. La gente discute speranzosa dell’accordo Fatah-Hamas che nessuno ha però ancora visto scritto, ma è molto pessimista sui possibili risultati perché non si fida di nessuna delle parti in causa. La corrente elettrica viene erogata per quattro ore al giorno seguite da dodici ore in cui l’energia elettrica non c’è e poi il giorno seguente viene detto che il paese ha otto ore con l’elettricità seguite da dodici senza. In realtà così dovrebbe essere ma il peggio è che tutto è fatto senza alcun preavviso.

Il valico di Rafah con l’Egitto è ancora chiuso mentre si sperava che con l’accordo sarebbe stato aperto (oggi mentre scrivo al ritorno dal mio viaggio è stato aperto per soli tre giorni). Pare che Fatah abbia chiesto ad Hamas di consegnare tutte le armi. È vero? Hamas lo farà? Distruggeranno tutti i tunnel con l’Egitto? È vero che sotto Gaza c’è una fitta rete di tunnel che la collegano a Israele? Se è vero li chiuderanno? Insomma ci sono molte cose che potrebbero succedere e alcune potrebbero forse migliorare le condizioni di vita degli abitanti di Gaza. Speriamo! Intanto ora più che mai dobbiamo continuare ad aiutarli e a sostenere la loro lotta contro l’occupante israeliano.

S.

Novembre, 2017

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