report e foto della volonataria di Gazzella a Gaza – 28 novembre 2014 – Tre mesi dopo l’ultima aggressione israeliana

Pubblicato il 2 dicembre 2014 da Gazzella
 

Palestina: 3 mesi dopo l’aggressione israeliana “margine protettivo”.

Sul volo Roma- TelAviv incontro turisti italiani in pellegrinaggio verso la Terra Santa. Ignari (!?) di quanto sta accadendo in Palestina si apprestano a sbarcare a Tel Aviv. Ho chiesto alla mia vicina di “volo” di vedere il programma del viaggio: visita a kibbutz, Nazareth, lago di Tiberiade, Gerusalemme, Betlemme.

Leggendo il programma di viaggio mi chiedevo come si possa pensare di portare turisti in un paese massacrato, dove i civili sono privati dei diritti universali, ignorando l’occupazione israeliana. In Cisgiordania i coloni girano al grido”morte all’arabo” in una caccia spietata al palestinese; arresti amministrativi che portano in carcere minorenni e non, senza una motivazione; la striscia di Gaza che vede più di 1.800.000 palestinesi rinchiusi in una prigione senza possibilità di movimento, privati del diritto all’accesso ai beni comuni e ai servizi, costretta a vivere di aiuti internazionali e che ha appena pagato con vite umane, più di 2200 morti di cui 548 bambini, l’aggressione israeliana dello scorso luglio/agosto. Nel programma nessun riferimento al muro, alle chiusure, alle violazioni…….

Arrivo a Gerusalemme il mercato è pieno di turisti a differenza del mese di agosto; nel centro della città vecchia vicino al santo Sepolcro ristoranti palestinesi sono circondati da case con esposte la bandiera israeliana e indisturbato un gruppo di rumorosi coloni si aggira per i vicoli ed entra nelle case che hanno acquistato negli ultimi anni grazie ad affaristi cristiani ortodossi , ma non solo. Mi fermo in un punto di ristoro, sempre nelle vicinanze del santo Sepolcro, ordino dei falafel mentre alla televisione scorrono immagini e lo speaker …in lingua ebraica.

Mi viene consigliato di non uscire alla sera, per ragioni di sicurezza: Gerusalemme!

Arrivo nella striscia di Gaza sotto l’acqua. Da qualche giorno è iniziato a piovere e le temperature si sono sensibilmente abbassate. Fin da subito prendo atto che nulla è cambiato dallo scorso 26 agosto quando lasciai Gaza.

Distruzione, macerie non rimosse, povertà e tanto coraggio. I bombardamenti israeliani sono interrotti e gli F16, pur continuando a sorvolare la striscia, hanno momentaneamente sospeso la loro attività criminale, ma la vita a Gaza resta difficile

A Shajàiyya , località che ha avuto più di 500 case distrutte, incontro Hakuad Suker. Fa il cuoco o meglio faceva il cuoco: le pentole rimaste danneggiate dai bombardamenti sono state messe in un angolo . H. S. ha lasciato la sua casa dall’inizio dell’aggressione “margine protettivo” dopo aver ricevuto un sms dalle forze di occupazione israeliane, con l’avviso che avrebbero bombardato la zona. Si è trasferito con la famiglia, moglie e 7 figli, in una scuola Unrwa dove con grande difficoltà ha trascorso 50 giorni in una situazione dove i servizi igienici e spazi erano insufficienti ed inadeguati a far fronte alle migliaia di persone presenti nella scuola. Unrwa e ong internazionali hanno garantito le forniture di acqua e cibo per tutto il tempo della loro permanenza. Tornato a casa ha trovato la casa parzialmente distrutta. Mi accompagna, tra le macerie a vedere quello che è rimasto mostrandomi la foto di come era la sua casa. Al posto delle pareti lenzuola appese per dividere gli spazi, effetti personali e non, sistemati in contenitori in attesa di una loro collocazione. Mi dice H.S. che hanno registrato presso il Governo locale e agli uffici Unrwa la loro situazione, ma nessuno è in grado di dare indicazioni sui tempi per la ricostruzione della casa. Mi sposto in altra zona di Shaja’iyya: le scene apocalittiche dello scorso mese di agosto sono le stesse, aggravate dalle condizioni del tempo; piogge incessanti hanno allagato strade, formato laghi di acqua nei crateri lasciati dalle bombe e inzuppato i muri della case colpite dai bombardamenti. Mi raccontano di crolli avvenuti in questi giorni di parte di muri “appesantiti” dall’acqua. A Shaja’iyya vedo i primi caravan donati da “Arab and lnternational Commission to built Gaza”. Quasi tutti i residenti dell’area che ho visitato non hanno accettato la sistemazione nel caravan. Preferiscono adattarsi a vivere in parti della casa rimaste “integre” anche se di integro non c’è nulla, considerando che abitare in queste condizioni è a pericolo crolli soprattuto con le piogge di questi giorni. Altre famiglie sono andate a vivere presso parenti. ma quotidianamente tornado sulle macerie della casa distrutta per scavare e cercare cose ed effetti personali. Ahmad mi accoglie con i suoi bambini in quella che resta della sua casa: scala distrutta, muri pericolanti. Vivono al piano terra e consapevoli della grave situazione non vogliono abbandonare la casa e non intendono accettare la soluzione caravan perché temono posso divenire la sistemazione definitiva, mentre loro la loro casa la rivogliono!

I caravan assegnati alle famiglie sono composti da moduli di m. 4×3 da adibire a camera e moduli di dimensioni ridotte per la cucina e i servizi igienici. La cucina ha un piano di cottura da allestire e i bagni sono attrezzati di water , lavandino e doccia. Gli scarichi sono da predisporre. Muhammad racconta che per la sua famiglia di 9 persone il Governo locale hanno messo a disposizione moduli per complessivi 50mq. Amir invece da un mese vive nel caravan che ha organizzato con le cose che ha recuperato nella sua casa andata distrutta. Amir come gli altri residenti della zona vuole poter tornare nella sua casa e mi dice che la sistemazione nel caravan non significa accettazione dello stato delle cose.

A Kuhza, altra zona pesantemente colpita dagli attacchi israeliani, da un mese e mezzo sono stati allestiti moduli per famiglie che hanno avuto la casa distrutta. La tipologia dei moduli è simile a quella installata a Shajàiyya, cambia il donatore: “Human Appeal UK” .

Continua l’aiuto umanitario!.

Negli ultimi 5 anni tre pesanti aggression israeliane contro la popolazione civile di Gaza: piombo fuso dic 2008 gen 2009, novembre 2012 , margine protettivo lug/ago 2014, hanno causato migliaia di morti e di feriti tra i civili e richiesto interventi economici di miliardi di dollari per la ricostruzione di case, infrastrutture, ospedali , scuole, moschee.

Dopo l’operazione piombo fuso la comunità internazionale si era detta impegnata ad intervenire sul blocco, imposto da Israele, dei movimenti dei materiali; nulla da allora si è concretizzato e tante famiglie che avevano avuto la casa distrutta vivono ancora in appartamenti affittati dall’Unrwa perché si ritarda nella ricostruzione delle case!

È una questione aperta quella dei materiali per la ricostruzione, ritardi e restrizioni sull’invio di materiali da costruzione: calcestruzzo, rinforzi di acciaio e mattoni. Israele ha imposto il controllo sui materiali che devono entrare nella striscia e R. Serry, coordinatore speciale dell’ONU in Medio Oriente, ritiene che centinaia di osservatori internazionali dovrebbero essere impiegati per vigilare i carichi. Spese aggiuntive per mantenere osservatori/controllori, mentre nella striscia di Gaza c’è bisogno di azioni rapide per ridare fiato alla popolazione. Nel caso in cui la situazione restasse invariata significherebbe che gli interventi di ricostruzione nella striscia di Gaza dureranno 20 anni, fatto salvo che nel frattempo non si ripetano le aggressioni e quindi il poco costruito nuovamente distrutto e cosi via….

Da una stima fatta dei circa 10 miliardi di dollari che servono per la ricostruzione, sistemazione delle abitazioni, degli ospedali, delle scuole, l’adeguamento del sistema idraulico, della rete fognaria e delle centrali elettriche, il governo israeliano potrebbe beneficiarsi del 65% dei costi. Questo perché i principali fornitori di materiali e attrezzature per la ricostruzione saranno cordate di imprenditori legate al governo israeliano.

Israele, ancora una volta non pagherà calpestando i disposti del diritto internazionale che vuole il governo occupante responsabile dei danni inflitti alle cose e alle persone, anzi ne trarrà benefici; ma con Israele sono complici i paesi donatori che mantengono e sostengono attraverso interventi di cooperazione le violazioni dei diritti universali. Oggi come ieri abbiamo sentito messaggi di solidarietà per la Palestina da parte di parlamentari e europarlamentari della sinistra italiana, ma nel tempo non hanno saputo costruire una condivisione politica di condanna per il governo Israeliano, sempre equidistanti!. Per non essere complici dei massacri, delle violazioni dei diritti non sono sufficienti i buoni propositi, ma servono politiche concrete di boicottaggio nei confronti dello stato israeliano.

28.11.2012

g.b. – Gazzella Onlus

Lascia un commento