Dai volontari di Gazzella a Gaza – 25 novembre 2012

Pubblicato il 25 novembre 2012 da Gazzella
 

Gaza, 25 novembre 2012

L”Associazione Gazzella è impegnata dall’ottobre 2000 in attività a sostegno delle famiglie dei bambini feriti in Palestina, in particolare nella Striscia di Gaza. Negli ultimi anni l’Associazione ha allargato il suo sostegno prendendo in affidamento 40 bambini sordo-muti e 80 bambini portatori di handicap.

Durante l’attività nella Striscia di Gaza l’Associazione è riuscita, grazie al contributo dei suoi donatori, a dare sostegno anche ad altre iniziative volte a migliorare la condizione psicofisica dei bambini/ragazzi feriti. Hanno ricevuto un sostegno economico i centri di riabilitazione Assalama e quello del Medical Relief, quest’ultimo nostro partner nel progetto di adozione dei bambini feriti da armi da guerra. Presso questi centri si recavano bambini e ragazzi che avevano riportato ferite invalidanti e che richiedevano cure fisioterapiche. Attività tutte gratuite per i nostri bambini. Al centro neonatale dell’ospedale al- Shifa sono state donate due incubatrici e altre piccole attrezzature sanitarie. I 4 generatori che il Medical Relief ha potuto acquistare grazie ad uno sforzo economico da parte di tutti i donatori, sono sempre in funzione garantendo l’erogazione di elettricità nei centri sanitari locali gestiti dal M. R., stante che l’elettricità viene erogata per sole 8 ore al giorno.

Un esempio concreto degli interventi di Gazzella è il centro sanitario locale , gestito dal Medical Relief, di Abu Tu’ayma, località ad est di Khan Younis . Nel 2008 anche con il contributo di Gazzella è stato ristrutturato un edificio e dedicato alla memoria di Marisa Musu, Giancarlo Lannutti e Marina Rossanda. Il distretto sanitario è ubicato in una zona molto povera della Striscia di Gaza; è aperto 6 giorni su sette e offre servizi a circa 6.000 residenti dell’area. Giornalmente si effettuano circa 25 visite. I servizi offerti sono di prevenzione e cura di patologie croniche (diabete, ipertensione, malattie cardiocircolatorie), primi trattamenti per la cura delle ferite, ingessature, e a seconda della gravità dei casi i pazienti vengono ospedalizzati. Due giorni alla settimana è presente un medico per le donne per attività di prevenzione, cure e accertamenti durante la gravidanza e post-parto. Il dott. Taysir Dadah responsabile del centro, mi ha mostrato con orgoglio la scheda medica di un paziente affetto di diabete, classe 1964, che dopo un trattamento di 3 mesi aveva visibilmente migliorato la sua condizione, a dimostrazione che l’impegno e la presenza costante garantiscono condizioni migliori di vita. Il Centro sanitario di Abu Tu’ayma è rimasto sempre aperto durante l’ultima aggressione israeliana prestando soccorso soprattutto ai feriti meno gravi e prendendosi cura dei molti casi di attacchi di panico. Al piano rialzato dell’edificio ci sono spazi adibiti per ricevere, durante la settimana, circa 100 bambini per svolgere attività ricreative. Nisreen, che segue le attività, mi ha orgogliosamente mostrato I lavori dei bambini.

Durante questi otto giorni di attacchi ininterrotti la sanità pubblica è stata messa a dura prova. Le spese sanitarie a Gaza per i 12 ospedali pubblici e i 56 centri sanitari pubblici presenti sul territorio richiedono un budget di circa 45 milioni di dollari. Questo importo è solo a copertura del fabbisogno dei farmaci, generici, e materiali monouso. I costi riferiti ai materiali di laboratorio e altro sono costi extra. L’Autorità Nazionale Palestinese copre circa il 20% del fabbisogno e la maggior parte del sostegno economico viene dai paesi arabi.

La sanità pubblica viene sovvenzionata anche con una tassa pagata dai palestinesi che hanno un’occupazione fissa, ad esempio i dipendenti pubblici o di ONG. Questi pagano mensilmente da 70 a 90 NIS , a seconda del salario, per componente della famiglia, esclusi i bambini e gli adulti disoccupati . Nel nucleo famigliare nel quale non ci sono persone occupate, l’importo da pagare è di 300 NIS a famiglia per tutto l’anno.

L’altra faccia della sanità a Gaza è quella privata. Gli ospedali privati afferiscono ad Associazioni e ONG di “appartenenza politica”. L’accesso alle cure in questi ospedali, con attrezzature migliori e moderne, sono a pagamento. Per un posto letto si oscilla tra I 200 e 400 NIS al giorno e una spesa a parte è prevista per le cure e/ o intervento chirurgico. Nella Striscia di Gaza con le miserevoli condizioni economiche è evidente che sono pochi quelli che possono rivolgersi a queste strutture e quindi la maggior parte della popolazione si riversa negli ospedali pubblici .

Nei distretti sanitari locali gestisti da ONG o Associazioni le visite si pagano da 3 a 5 NIS. In queste strutture I farmaci quali antibiotici, antidolorifici, ipertensivi sono gratuiti mentre i farmaci per patologie specifiche sono a pagamento.

È iniziata la conta dei crimini e dei danni dell’aggressione israeliana dopo 8 giorni di bombardamenti durante i quali sono stati lanciati contro la popolazione civile di Gaza più di 1400 missili :

- feriti 1222 di cui 247 bambini e 162 donne;

- martiri 156 di cui 33 bambini e 13 donne.

Sono state distrutte 55 case, 8 uffici governativi, 13 uffici della sicurezza, 2 ponti che collegavano nord e sud della striscia di Gaza; sono stati gravemente danneggiati 6 edifici sanitari, 28 scuole, 22 sedi di ONG e di Associazioni e 6 uffici della stampa.

Qui si dice “ è iniziata la conta dei crimini e dei danni” perché purtroppo come sempre è accaduto in passato il numero dei caduti è destinato a salire poiché molti dei feriti sono in gravi condizioni, così come la conta dei danni è stata stimata sulle distruzioni più gravi, ma tante famiglie che ho visitato hanno subito parziali danni alle abitazioni e queste situazioni non sono state prese in considerazione. Il sostegno per rimediare a parte dei danni potrebbe essere sostenuto anche dall’Unrwa, mentre delegati di paesi arabi in visita nella Striscia di Gaza durante i bombardamenti, si sono impegnati a coprire i costi della ricostruzione. Ma qui a Gaza i palestinesi vorrebbero vorrebbero soluzioni non di facciata, ma volte al riconoscimento del diritto all’autodeterminazione e del diritto al ritorno. La tregua e gli accordi che sono stati “sottoscritti”, di cui nessuno conosce esattamente i contenuti, non costituiscono una soluzione della questione palestinese con tutte le sue implicazioni.

g.b.t.

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