XVI-b viaggio di Gazzella

Pubblicato il 1 marzo 2007 da Gazzella
 

Cari amici,

Fa sempre impressione entrare a Gaza.

Proprio il giorno prima del mio ingresso era stato  inaugurato il nuovo terminal di entrata/uscita (naturalmente solo per chi può o è stato autorizzato): lussuoso e vuoto, spaventosamente vuoto. Superato il terminal ti accoglie un lungo tunnel coperto, (sarà più o meno un chilometro) ad elle che si deve percorrere a piedi con le valige e quant’altro. E poi Gaza. Jabaliya accoglie  i visitatori di Gaza con il suo carico di povertà, spazzatura ovunque, bambini scalzi; ma già arrivando a Gaza City le strade si ripuliscono, qua e là i palazzi si fanno alti e curati.  Tanta povertà e qualche lusso: anche qui il neo-liberismo si affaccia con contrasti sempre più arroganti!

Sono a Gaza per un progetto  di una Ong italiana di allestimento o ristrutturazione di 18 scuole materne nel sud di Gaza, unito ad  un importante lavoro di formazione delle insegnanti. In quest’ambito, dopo anni d’esperienza,  è nato il progetto  di investire anche in un lavoro specifico con le donne, insegnanti e madri sul tema di genere. Un loro rafforzamento (in inglese si chiama empowerment) e riflessione sulle condizioni della donna avrebbe un effetto anche sui bambini e sulle bambine della  materna,  si potrebbe impostare con loro una diversa relazione di genere all’interno di una società tradizionale ed ora rinchiusa sempre più in se stessa.

Mio compito, come donna di un’associazione di donne “Donne in genere”  di Roma, sarebbe quello di   lavorare con alcune formatrici   palestinesi che si dovrebbero occupare di questo corso di “empowerment di donne”, per uno scambio di esperienze.

Insieme dovremmo immaginare un percorso da fare con le insegnanti e le mamme, per riflettere sulla loro condizione di donne, madri, educatrici.

A Roma un incontro casuale con Gazzella mi ha portato a conoscere gli amici dell’associazione e così sono stata ben contenta di poter fare qualcosa anche per loro: visitare alcune famiglie di bambini feriti.

Questo compito in realtà si è rivelato per me un’occasione preziosa: mi ha offerto la possibilità di entrare nelle case della gente comune, famiglie palestinesi, talvolta anche molto numerose (4 figli è il minimo, ma la media è sui 7-8 e poi, … non c’è limite alla provvidenza!). Questa esperienza è stata per me importante. Nelle altre visite a Gaza avevo sempre incontrato intellettuali, responsabili di progetto, insomma gente colta e politicizzata che mi aveva offerto dati, analisi, eccetera…

Queste visite mi hanno offerto uno spaccato della gente normale, con la loro lotta per la sopravvivenza in una totale precarietà, che è diventata la loro condizione quotidiana, nella speranza di un diverso futuro, anzitutto per la famiglia, di avere una casa migliore, un lavoro, insomma una vita normale.

Ma soprattutto ho avuto l’occasione di toccare con mano, di vedere con i miei occhi, quanto già l’estate scorsa avevo letto: i disastri provocati dalle nuove armi. Ho potuto vedere delle ferite devastanti sui corpi dei sopravvissuti. I racconti delle madri e dei padri di come i figli, e loro stessi, sono stati feriti erano incredibili: un’arma che entra nella stanza di notte, fa luce e tutti sono feriti a terra o morti. E’ la storia della famiglia Fayyad di Beit  Hanun, cittadina vicina al confine nord di Gaza. Questa famiglia ha avuto la casa distrutta ed ora vivono con vari parenti (le famiglie qui sono molto allargate) in un appartamento in caseggiato popolare alla periferia della città. I due bambini hanno delle cicatrici incredibili, il più piccolo, ha una ferita gli attraversa in diagonale tutta la pancia, che è anche costellata insieme alla parte superiore delle cosce, da molte piccole cicatrici rotonde, tipo piercing. Questo bambino era stato dato per morto, come   un altro fratello.  L’altro bambino sopravvissuto (erano in tre) ha una brutta cicatrice a croce sul ginocchio sinistro e anche lui ha le gambe con molte piccole cicatrici  diffuse. La madre ha una gamba sfracellata ed è da 4 mesi stesa su un letto, con dei ferri che tegono insieme la gamba mentre il femore è un insieme molle con un osso troppo rotto per essere tenuto insieme. La madre ha raccontato che nella stanza dove dormivano è entrata come una luce e girava e poi tutti erano a terra morti o feriti. Il padre non ha lavoro, la casa è andata distrutta.

Non capisco bene cosa può essere successo, ma i danni sono così impressionanti che chiesi alla mia accompagnatrice del Medical Relief se potevo incontrare per capire meglio, qualche medico dell’ospedale di Shifa, il più  grande ospedale di Gaza.

Il giorno dopo alle 9 ero in ospedale. Le foto di corpi straziati, di corpi ricoperti di una polvere grigia, e di altre cose che è meglio neanche nominare che si susseguivano sul computer del medico, mi hanno convinto che non si può tacere. Ho riportato indietro dei documenti in inglese su queste armi e le ferite che provocano.

A Roma, nel Centro a cui aderisco, abbiamo organizzato una serata e ho avuto occasione di parlare ad una radio di Roma. Contemporaneamente ho trovato materiale in italiano e il gruppo di scienziati e scienziate contro la guerra che ci lavorano. Bisogna mobilitarci perché queste armi sono usate non solo a Gaza, ma altrove. Per questo motivo ritengo importante e forse più utile delle mie parole, imprecise perché non esperta in proposito, unire a questa lettera una scheda che ho avuto da una scienziata contro la guerra,

Bisogna parlare di tutto ciò, diffondere questa conoscenza perché nessuno dica mai in futuro “non sapevo”.

La descrizione sulle armi andrebbe accompagnata con un monitoraggio sugli effetti nel medio periodo di queste armi (uranio impoverito ecc.) sugli abitanti di Gaza (e di altri luoghi). Però non è semplice. I medici di Gaza sono isolati. Le ricerche sono costose e presupporrebbero equipe dedicate. E’ praticamente impossibile portare fuori da Gaza reperti  di tessuti umani, pezzi di armi ecc. e quindi una ricerca internazionale non ha molti elementi su cui lavorare anche se ci sono gruppi che lavorano in proposito a partire dal Libano, dove pare che siano state usate anche queste armi (vedi scheda allegata).

Gazzella, che accompagna le famiglie di bambini feriti “adottandoli” a distanza fa un’opera meritoria ed importante. Molte famiglie ricevono in tal modo un sostanziale aiuto. Il Medical Relief di Gaza non si fa solo mediatore di questa iniziativa sul posto, ha anche due ambulatori di fisioterapia e offre un servizio medico ambulatoriale mobile (mobile clinic) raggiungendo paesi che non sono dotati di servizi medici. In tal modo alleggerisce anche il lavoro  degli ospedali già di per sé affollati.

Insomma, il nostro aiuto alle famiglie di bambini feriti è un importante intervento “a valle” di concreta solidarietà in una situazione talvolta di indigenza grave. Ma non basta. La nostra mobilitazione deve riguardare l’arresto di questo macello.

E il viaggio è lungo. Va affrontato senza ideologie, guardando in faccia la realtà che è complessa ma che non può non trovare una soluzione. Mobilitiamoci.

 

Gianna

Ass. “Donne in genere” – Roma

 

Ps: Di questo mio viaggio ho fatto un diario quotidiano. A chi interessa lo può leggere sul sito del Centro Donna LISA (di “Donne in genere”):

http://www.centrodonnalisa.it/pubblicazioni/VOCI DI DONNA.pdf

 

Allegato una scheda sulle armi ad energia diretta.

 

Gazzella-Onlus – C.F. 97256870581

c.p. 7240 Roma Nomentano

tel/fax 0686326642

http://www.gazzella-onlus.com

email: pergazzella@katamail.com

 

ARMI AD ENERGIA DIRETTA

(direct energy weapons – DEW)

a cura del gruppo di lavoro AIE “Epidemiologia e guerre”

 

Per “armi ad energia diretta” si intende una classe di armamenti comprendente numerosi dispositivi capaci di indirizzare sui bersagli, in modo molto preciso ed efficace, svariate forme di energia non cinetica. In sostanza, piuttosto che colpire l’obiettivo con un proiettile, o mediante la forza d’urto di un’esplosione, questi dispositivi inviano sul bersaglio radiazioni elettromagnetiche, od onde acustiche, o plasma ad elevata energia, o raggi laser. Gli effetti legati all’uso di tali armi possono essere sia letali che non letali, mentre i campi d’applicazione variano dalla difesa antiaerea alla tutela dell’ordine pubblico.

Qui di seguito riportiamo le principali armi, i paesi in cui la tecnologia si è sviluppata e i riferimenti bibliografici (ufficiali, laddove è possibile) per approfondimenti. Le informazioni sono tratte dal documento: www.rainews24.it/ran24/inchieste/documenti/ARMI_ENERGIA_DIRETTA.pdf

 

1. ARMI AL PLASMA E AD IMPULSI

 

“Proiettile” di energia, composto da materia elettricamente carica composta da elettroni, neutroni e protoni. Studiato approfonditamente dagli scienziati del DARPA (il dipartimento per la ricerca e l’innovazione tecnologica del Dipartimento della Difesa USA), con la collaborazione di una azienda tedesca. In sperimentazione da parte degli eserciti di USA, Israele e Australia.

 

Pulsed Impulsive Kill Laser (PIKL): applicazione letale in grado di perforare lastre di metallo.

http://www.dtic.mil/ndia/smallarms/Moore.pdf

 

Pulsed Energy Projectile (PEP): applicazione non letale in grado di stordire uomini e animali, creando forte dolore e temporanea paralisi, e di bloccare i veicoli, in quanto il suo “impulso energetico” interferirebbe con i sistemi elettrici di iniezione. Il raggio d’azione del PEP è di circa 2 Km, ed il suo

funzionamento si basa sull’emissione di un impulso laser ad infrarossi. Indicato per scenari di ordine pubblico e presidio di checkpoint.

http://www.thememoryhole.org/mil/weapons/navy-ufl_pep_contract.htm

 

2. ARMI A MICROONDE

 

I primi a sperimentare le microonde in modo più sistematico furono i sovietici. La CIA riporta che negli anni ’70 l’ambasciata americana a Mosca fu sottoposta ad un “bombardamento” a microonde a bassa intensità che causò danni danni fisici e psicologici ai diplomatici americani. Oltre all’insorgere di diverse forme di cancro sono stati documentati problemi psicologici e cognitivi, impotenza, indebolimento delle difese immunitarie, effetti sul sistema nervoso centrale che provocano amnesie, demenza, sindromi depressive, paranoia, etc.. In base a questi effetti è stato più volte ipotizzato un uso “segreto” per l’indebolimento delle masse.

 

Active Denial System – Il “raggio del dolore”: dispositivo in grado di indirizzare (“sparare”) un fascio di microonde ad alta energia verso un bersaglio preciso. E’ classificato come “arma non letale”, in quanto il suo raggio invisibile penetra sotto la pelle soltanto per alcuni millimetri, facendo temporaneamente impazzire i recettori del dolore. Nel giro di 1-2 secondi chi viene colpito dal raggio a microonde prova la sensazione di andare a fuoco.  Indicato da documenti ufficiali per il controllo delle folle e dell’ordine pubblico, ma le organizzazioni umanitarie sostengono che  potrebbe facilmente tramutarsi in un versatile strumento di tortura. Possibili danni fisici: ustioni, danni oculari, cancro, precoce invecchiamento, riduzione delle difese immunitarie, danni a pelle e retina,  effetti molecolari e genetici. Sviluppato da Raytheon, a Tucson (USA). La Forza Multinazionale in Iraq ha ordinato 3 veicoli ed è stata richiesta l’approvazione per altri 14.

www.defenseindustrydaily.com/2006/03/usaf-detachment-8-continues-us-research-into-empmicrowave-weapons/index.php

 

E-Bombs, Electromagnetic Pulse, High Powered Microwave (HPM) bombe capaci di produrre onde elettromagnetiche comprese nel range dei 4-20 Ghz, capaci di “accecare” un gran numero

di apparati tecnologici (sistemi informatici, telefonici, elettrici, radio, tv, ecc.), senza una reale esplosione: i dispositivi liberano la propria energia in aria, senza produrre alcun suono o fenomeno

visivo. L’effetto delle invisibili onde prodotte dalla “bomba”, devastante per tutti i dispositivi

elettronici, è praticamente nullo su cose e persone. Sviluppato in Russia, USA, India, Svezia.

www.heritage.org/Research/NationalSecurity/bg1931.cfm

 

3. ARMI LASER

 

Tactical High Energy Laser (THEL): potente raggio laser che viene utilizzato per fare esplodere missili e proiettili in volo. Sviluppato dalla compagnia Northrop Grumman. In sperimentazione in USA e Israele. In dotazione all’esercito israeliano.

www.st.northropgrumman.com/media/presskits/thel/press_kit.html

 

Airborne Laser (ABL): laser chimico ad alta energia (Chemical Oxygen Iodine Laser – COIL), montato su di un Boeing 747 modificato, in grado di individuare ed abbattere missili balistici. Sviluppato dalla

Northrop Grumman e dalla Boeing. In dotazione all’aeronautica USA dal 2003.

www.boeing.com/defense-space/military/abl/

 

Space-Based High-energy Laser (HEL): laser montato su di un satellite, capace di colpire bersagli nello spazio, sulla terra ed in aria e pensato per distruggere i satellite nemici orbitanti. In sperimentazione in USA, Israele e Cina.

www.fas.org/spp/starwars/program/sbl.htm

 

Laser a raggi ultravioletti: laser capace di paralizzare animali e persone, sfruttando le caratteristiche dei raggi ultravioletti. In sviluppo presso HSV di San Diego (USA).

http://www.hsvt.org/main.html

 

Laser ZEUS: laser montato su di un Humvee (un veicolo militare dell’esercito USA simile ad una jeep). Ufficialmente impiegato in Afghanistan per fare brillare le mine, ufficiosamente usato anche in Iraq.

http://www.zeus.sparta.com/

 

APPROFONDIMENTI

 

Una raccolta degli articoli del sito d’informazione militare Defense Tech sulle armi al laser, ad impulsi, al plasma e a microonde è disponibile su

 

www.defensetech.org/archives/cat_lasers_and_ray_guns.html

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