Resoconto dei viaggi VII e VIII di Gazzella

Pubblicato il 23 dicembre 2003 da Gazzella
 

Cari amici,

qui trovrete il resoconto degli ultimi due viaggi di Gazzella in Palestina: il primo dello scorso novembre 2003, effettuato da Ugo, volontario di “Gazzella”, aveva lo scopo di fare visita al nostro referente nella striscia di Gaza, l’Unione dei Comitati di Soccorso Medico (Union of Medical Relief Committees), documentare il lavoro che questa associazione non governativa svolge in campo sanitario e a favore dei bambini feriti da armi da guerra. Ugo ha visitato alcuni bambini feriti assistiti da “Gazzella”, ha preso accordi con il nostro referente per organizzare il successivo viaggio, ha raccolto le informazioni necessarie per una eventuale iscrizione di “Gazzella Onlus” come organizzazione non governativa operante a Gaza, ha controllato i conti bancari e di tutto questo ha fatto un resoconto dettagliato di cui trovate allegato un riassunto.

Il secondo viaggio – che risale alla seconda settimana del mese corrente – come potrete leggere dal resoconto delle nostre volontarie, non ha potuto raggiungere l’obiettivo di visitare i nostri bambini feriti, in quanto Agnese (Anissa) e Caterina sono state pretestuosamente e illegalmente trattenute al posto di blocco di Erez ed è stato impedito loro di raggiungere Gaza. Le autorità di occupazione hanno attribuito a motivi “di procedura” il divieto imposto alle nostre volontarie di entrare nella striscia di Gaza. Abbiamo sempre comunicato al consolato italiano a Gerusalemme i nominativi dei componenti delle delegazioni di “Gazzella”. In più, in due occasioni sono stati comunicati all’ambasciata israeliana a Roma i nominativi e i numeri di passaporto dei volontari di “Gazzella” che volevano recarsi a Gaza. In tutte e due le volte i volontari sono stati fermati, anzi, la seconda volta, arrestati appena arrivati all’aeroporto. Sono stati rilasciati dopo l’intervento delle autorità consolari italiane a Gerusalemme, alle quali faremo riferimento segnalando loro in anticipo i nomi dei componenti la delegazione che si recherà in missione a Gaza..

L’ultimo viaggio è stato comunque fruttuoso in quanto testimonianza di ciٍ che accade oggi in Palestina, nel silenzio complice della comunità internazionale. Oltre al resoconto allegato, faremo tutto il possibile per informare degli esiti e dell’esperienza del viaggio di Agnese e Caterina.

Abbiamo già avviato i contatti necessari per far giungere il denaro ai bambini senza aspettare che qualcuno vada di persona dall’Italia nella striscia di Gaza. Il danaro dell’ultima rata, che sarebbe stato consegnato a mano dalle nostre inviate, è comunque già arrivato al conto corrente bancario di Gaza.  Inoltre, stiamo studiando con i nostri referenti del Medical Relief la possibilità di trovare una persona che in loco e sotto il controllo diretto del Medical Relief possa fungere da tramite per la corrispondenza tra adottante e adottato, visto che non esiste nella striscia di Gaza un servizio postale.

Tutti sanno degli ostacoli che le autorità israeliane d’occupazione pongono alle organizzazioni internazionali che tentano di soccorrere la popolazione palestinese. Constatiamo che questi ostacoli sono sempre maggiori. Non mancheremo di denunciare l’operato israeliano contrario al diritto internazionale e ai diritti dell’uomo. Vi alleghiamo una nota di stampa che vi chiediamo di diffondere.

Siamo decisi a portare avanti il nostro progetto di soccorrere i bambini palestinesi feriti da armi da guerra. Stiamo già preparando un prossimo viaggio nella striscia di Gaza per il mese di Gennaio 2004.

Siamo certi che con il vostro aiuto riusciremo a realizzare l’obiettivo di “Gazzella” di aiutare i bambini palestinesi più bisognosi a crescere sani e liberi nella propria terra.

Grazie a tutti.

Auguri di buone feste.

Roma, dicembre 2003

 

Comunicato stampa

Siamo due volontarie di “Gazzella “, un’associazione ONLUS che opera da tre anni per portare aiuto, tramite adozione a distanza, ai bambini palestinesi feriti della Striscia di Gaza. Diverse missioni sono state fatte nel passato per incontrare i bambini e manifestare solidarietà alle loro famiglie: in questo viaggio, per due volte, dopo una lunghissima attesa, siamo state respinte dai soldati israeliani al passaggio di Erez, senza un motivo valido e plausibile: addirittura negando che ci siano bambini feriti a Gaza! Non è servita neppure una lettera di presentazione rilasciataci dal consolato italiano  a Gerusalemme. Tutto ciٍ conferma la politica arrogante del governo di Sharon, che continua a tenere la popolazione palestinese in una terribile morsa, privandola dei più elementari diritti, distruggendo l’economia,  e la possibilità di condurre una vita normale. Le città e i villaggi palestinesi, con la costruzione del muro dell’apartheid, stanno diventando sempre più delle grandi prigioni da cui non si puٍ entrare né uscire. Impedendoci di circolare liberamente il Governo israeliano ha leso il nostro diritto alla libertà di movimento, garantito dal diritto internazionale e dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Denunciamo questa ennesima violazione del diritto internazionale a danno di cittadini italiani.

Caterina Guarna

Agnese Manca

 

Riassunto del resoconto del viaggio di Ugo a Gaza nel novembre 2003

“Appena giunto a Gerusalemme ho contattato il Consolato Italiano per avvertirlo della mia intenzione di recarmi a Gaza. Ho riscontrato un’ottima partecipazione e assicurazione di presenza da parte del Console Socolovitz, ma anche la notizia che il Governo Israeliano aveva formalmente dichiarato Gaza “zona di guerra” e quindi difficilmente avrei potuto varcare il posto di controllo.

In realtà quella “dichiarazione formale”doveva avere soltanto uno scopo dissuasivo perché il 20 novembre mi sono presentato al posto di controllo chiamato “Herez” e, dopo avere chiaramente e ripetutamente esposto con fermezza le mie ragioni, in 40 minuti ho avuto il “Passi”.

Dall’altra parte del confine, dopo avere attraversato un lungo tratto deserto ma sorvegliato, ho trovato ad attendermi con un’autoambulanza il dirigente della  ”Union ofPalestinian Medical Relief Committees”, la quale è la referente di Gazzella in Palestina e presta aiuto ai nostri operatori per condurli al contatto diretto con le famiglie dei bambini feriti, altrimenti introvabili.

In occasione del viaggio in Palestina del Luglio scorso, durante il quale furono contattati ben 510 bambini, Giovanna e Luisa incontrarono non poche difficoltà nell’espletamento dell’incarico.

L’ispezione della situazione in loco è stata quindi l’obbiettivo del mio viaggio.

Per tre giorni, grazie alla collaborazione del Medical Relief (si pensi che per tutta la città di Gaza non esistono mezzi di trasporto pubblici ad eccezione dei taxi), ho visitato ambulatori bene attrezzati  creati dallo stesso Medical Relief ai margini di campi profughi, un centro di soccorso per  piccoli invalidi, alcuni dei quali ho visitato nelle loro stesse abitazioni proprio nel momento in cui le assistenti sanitarie prestavano la loro opera. Ho avuto conversazioni dirette sulle problematiche rilevate da Giovanna e Luisa. Insomma ho raccolto dati e notizie che saranno oggetto di esame da parte del Consiglio direttivo di Gazzella Onlus e di cui, in prosieguo, tutti saranno portati a conoscenza. Certamente il nostro impegno resta quello di sempre e la prossima delegazione per gli aiuti ai bambini feriti è in corso di trasferimento in Palestina.

Al ritorno, nell’aeroporto di Tel Aviv, il Servizio di Sicurezza Israeliano mi ha sottoposto a verifiche, perquisizioni, controlli e interrogatori per tre ore ininterrotte.

Ugo

Roma, dicembre 2003

VIAGGIO IN PALE7STINA 8-18 DICEMBRE 2003

E’ con rabbia e sgomento che anche stavolta dobbiamo iniziare col raccontarvi tutte le angherie che abbiamo dovuto subire nel tentativo di mettere piede nella Striscia di Gaza. Mentre il passaggio all’aeroporto è stato insolitamente rapido sia in entrata a Tel Aviv che in uscita, il valico di Erez, alle porte di Gaza, è stato per noi invalicabile nonostante le ore di paziente attesa, sia il 9 dicembre, dopo una notte passata in viaggio, che nei giorni successivi. Siamo arrivate a Gerusalemme alle 7 del mattino e subito dopo siamo partite per Erez dove un gruppo di soldati hanno deciso di non farci entrare a Gaza, non ritenendo sufficiente la lettera di accredito della nostra Associazione “Gazzella Onlus” né il fax che il Palestinian Medical Relief aveva mandato all’Autorità Militare Israeliana di Erez, presentandoci come sue invitate e collaboratrici nel settore umanitario dell’infanzia.

Rivolteci all’Ambasciata d’Italia a Tel Aviv e da questa mandate al Consolato Italiano di Gerusalemme abbiamo sperato per un momento di poter riuscire nell’impresa. Ma c’è stato ancora un ennesimo rifiuto, motivato sembra, dalla paura che andassimo a sfidare i loro bulldozer. A questo proposito è stata chiesta una certificazione della nostra non giovane età al Consolato e a noi di produrre un nuovo documento di Gazzella, senza fare allusione a bambini feriti. Il Consolato sembra, infatti,  sia stato informato che i soldati israeliani non feriscono i bambini.

Il giorno dopo, siamo tornate ad Erez con la documentazione richiesta, ma mentre altri entravano ed uscivano da Gaza, noi siamo state lasciate lى per ore, mettendo in atto, crediamo,  una strategia di logoramento pianificata allo scopo di scoraggiare altri viaggi in futuro. Al primo “no” ricevuto, senza tuttavia restituirci i passaporti, abbiamo deciso di intraprendere per protesta una forma di resistenza passiva, decise a non lasciare quel posto se non per andare a Gaza. Ne abbiamo informato i rappresentanti del Consolato e dell’Ambasciata nonché la Segreteria di Gazzella e lo stesso Medical Relief di Gaza col quale siamo rimaste sempre in stretto contatto. I soldati israeliani hanno cercato prima di dissuaderci e poi di intimidirci ordinandoci di tornare in Israele come unica possibilità offertaci. Alle 21 circa, ora di chiusura degli Uffici, sotto la pressione da un lato del Cancelliere Marino, preoccupato per eventuali effetti negativi sui rapporti Italia – Israele, e dall’altro dei soldati che ci guardavano con aria curiosa, mista a sorriseti e sguardi complici, abbiamo accettato un passaggio a Gerusalemme dal Vice Console Francese, non prima perٍ di aver espresso il nostro disappunto per il trattamento riservato ad un “paese amico” come l’Italia. Ci è sembrato subito chiaro che la nostra Rappresentanza consolare non gode di grande considerazione in Israele, giacché i suoi fax ed i messaggi lasciati nella loro segreteria telefonica sono rimasti senza risposta, a dire del Cancelliere Marino che interpretava questo come un “No” inequivocabile. A questo punto abbiamo preso contatti col responsabile del Medical Relief di Beit Hanina (a Gerusalemme), grazie al quale i nostri soldi, già cambiati in Nis (moneta israeliana), e le circa 500 buste che avrebbero dovuto contenere la solidarietà degli affidatari per altrettanti bambini, sono stati trasferiti agli Uffici di Gaza.

Tutto questo avveniva mentre l’Esercito israeliano faceva le sue incursioni a Jenin, dopo quelle della notte precedente a Rafah, uccidendo sei palestinesi e ferendone altri 15.

L’amarezza per non aver potuto visitare questi nostri bambini ci ha accompagnate durante l’intero viaggio. Abbiamo trascorso i giorni seguenti esplorando la realtà dei villaggi e delle città occupate nella Cisgiordania: dalla Gerusalemme Est a Betlemme, al Campo profughi di Deheishe, a Nablus, a Hebron e campo profugo di Al-Urrub, a Qalqilia, Tulkarem e villaggi circostanti. Abbiamo preferito viaggiare con la gente del luogo, a bordo dei grandi autobus pubblici, talvolta fermati dai soldati israeliani, che ordinavano ai passeggeri ( operai, studenti, persone anziane, ammalati, giovani mamme con bambini ecc.) di scendere per l’identificazione. Di tutti loro abbiamo condiviso ansie, preoccupazioni ed umiliazioni, pur ricevendo un trattamento speciale come europee.

Per spostarci da Gerusalemme a Nablus (una settantina di km) abbiamo dovuto attraversare 5 posti di blocco all’andata e 5 al ritorno, col pensiero rivolto a chi è stato fermato per ore dai soldati israeliani e non ha potuto raggiungere il posto di lavoro, o la scuola o il parente che andava a trovare. In pieno centro di Nablus, accompagnate da un’amica incontrata per caso, abbiamo visto i resti di case distrutte un anno fa, da carri armati israeliani che nelle loro incursioni per operazioni di rastrellamento di giovani palestinesi, non hanno esitato, per passare da una strada all’altra, a lanciarsi contro le abitazioni con dentro adulti e bambini rimasti sepolti sotto le macerie. A Nablus, tra l’ospitalità di una famiglia italo-palestinese, anch’essa incontrata per caso, e il richiamo dei luoghi del dolore, visitati in un viaggio precedente, abbiamo rivissuto l’orrore delle numerose case dai muri sfondati con bombe fatte esplodere dall’esercito israeliano per aprirsi un varco tra una casa e l’altra.

A Hebron, siamo rimaste colpite dall’assenza di vita nella città vecchia: negozi chiusi, strade deserte, segni di una segregazione imperante per la presenza di circa 400 coloni ebrei che occupano, protetti dai loro soldati, i piani alti delle abitazioni dei palestinesi, costringendo questi ultimi a restare chiusi in casa ed a proteggersi, con delle reti fissate in alto ai due lati della strada, da latine vuote ed altre immondizie lasciate cadere dai piani superiori. Sulla via del ritorno, l’autista del primo pulmino ha dovuto percorrere una diecina di km in più, rimandato indietro ad un posto di blocco per la chiusura estemporanea della strada principale e la ricerca di un’arteria secondaria. Non di rado, qui come altrove, per raggiungere il posto di lavoro o di studio, per recarsi da un parente o in ospedale, adulti e piccoli sono costretti a fare chilometri a piedi attraverso i campi ed i sentieri impervi. Le due classi di bambini visitati (I e IV elementare), grazie ad un amico di vecchia data venuto in Italia per un gemellaggio tra scuole, ci ha ridato la speranza in un futuro migliore di questo popolo, grazie alla resistenza paziente e tenace della sua gente a partire dai più piccoli.

A Betlemme e al campo profughi di Deheishe la vita sembra scorrere con una ritrovata normalità, con tanti bambini e giovani per le strade e qualche segno di ripresa del turismo. Il Centro per la Soluzione dei Conflitti e la Riconciliazione, diretto dal Dr. Noah Salameh, nelle due sedi di Betlemme e Deheishe, promuove con il sostegno di un gruppo di volontari attività e progetti finalizzati all’educazione alla pace, nelle scuole, presso famiglie, gruppi giovanili e diverse altre realtà socio-politiche e culturali. Distrutto un anno fa durante l’assedio di Betlemme, il Centro ricostruito opera con rinnovata determinazione. Nello stesso campo di Deheishe, giovani e donne del territorio e dintorni si riuniscono per cucire, ricamare e vendere i loro prodotti, inventandosi cosى una fonte di reddito familiare per supplire alla diffusa disoccupazione degli uomini in forza lavoro.

Spingendoci verso il Nord della Palestina, scorgiamo l’inizio del famigerato muro che accerchia la cittadina di Qalqilia, con le sue decine di migliaia di abitanti, separando i contadini dalle loro terre e impedendo il libero movimento della popolazione. Ancora più a Nord, attorno alla città di Tulkarem, a ridosso della linea verde che segna i confini del 67, il muro lungo chilometri è costituito da una triplice rete metallica sormontata da filo spinato. Il primo e il terzo strato, quasi invisibili sembrano essere inoffensivi, mentre lo strato intermedio, collegato ad un sistema elettronico di corrente continua, affonda in un fossato largo e profondo, da non lasciar via di scampo a chi gli si avvicina.

La Gerusalemme vecchia con i suoi negozi ed i suoi Suq, non è più popolata come un tempo. I turisti scarseggiano e molte serrande restano abbassate. I contadini che erano soliti mettere in vendita la loro frutta e verdura negli spiazzi e nelle strade della città araba vengono sospinti sempre più all’interno della città vecchia e molti sono costretti ad andarsene. A Gerusalemme, forse più che altrove, il muro che divide in due l’Università di Al Quds, nei pressi di Abu Dis,  e quell’altro che parte dalla zona Ardub verso Azza’im e fino a Qalandia, alle porte di Ramallah, è destinato a smembrare la città, a dividere le famiglie e sottrarre nuova terra palestinese a beneficio d’Israele.

Ci chiediamo fino a quando durerà la tragedia di questo popolo palestinese, dimenticato dalla comunità internazionale e lasciato in balia di un esercito che gli impedisce anche di respirare. Abbiamo incontrato alcune delle giovani copie, con un partner nato a Gerusalemme e l’altro originario di un’altra città della Cisgiordania, costrette a vivere separate, pur avendo dei bambini, perché l’uno non ha il permesso di risiedere nella città dell’altro. L’uomo in genere per incontrare moglie e figli è costretto a recarsi a casa in clandestinità, rischiando multe, il ritiro della carta d’identità e persino il carcere in caso di recidiva. Queste sono le disposizioni vigenti anche se talvolta gli stessi soldati israeliani chiudono un occhio, ma tutto resta a loro discrezione.

Infine, nonostante che la situazione vada aggravandosi di giorno in giorno, con crescente difficoltà di movimento e soprattutto di arrivare a Gaza, vogliamo ribadire la nostra ferma volontà di continuare a portare la nostra solidarietà ai bambini feriti di Gaza. Vi alleghiamo una nota che abbiamo mandato alla stampa, chiedendovi di far giungere la nostra denuncia a tutta l’opinione pubblica democratica.

Agnese Manca e Caterina Guarna

(Volontarie di Gazzella-Onlus)

 

per visualizzare alune fotografie scattate durante i viaggi:

Nelle prime due foto uno dei ragazzi visitati nel novembre 2003 con alla sinistra della prima foto la madre e alla destra la fisioterapista volontaria dell’Medical Relief che assiste alcuni bambini feriti recandosi nelle loro abitazioni. Il ragazzo è stato colpito alla spina dorsale e non potrà più camminare. Nella seconda foto la fisoterapista insegna al ragazzo i movimenti che deve fare. Nella terza foto una delle bambine ferite visitate da “Gazzella” nel novembre 2003. La foto è stata scattata durante la visita della fisioterapista. “Gazzella” ha accompagnato una equipe del “Medical Relief” in una vista in uno dei campi profughi palestinesi nella striscia di Gaza nel mese di novembre 2003.

Nelle successive foto viste di Abu Dis, Hebron e Gerusalemme nel dicembre 2003.

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