Resoconto del viaggio a Gaza del 4-l6 gennaio 2005.

 

 

A tutte le persone, le famiglie, le classi, le scuole, i gruppi di azienda, a tutte le amiche e a tutti gli amici che hanno "adottato" un/a bambino/a palestinese ferito/a, attraverso Gazzella.

 

Care amiche e cari amici,

anche questa volta ce l’abbiamo fatta. Siamo ritornati a Gaza dopo un mese. Nuova distruzione e desolazione ci accolgono subito dopo il punto di controllo palestinese.

Le strade principali di collegamento non sono più accessibili e siamo obbligati a passare per il campo profughi di Beit Hanun.

Siamo in piena campagna elettorale; il nove gennaio prossimo i palestinesi andranno al voto per eleggere il nuovo presidente dell’ANP: Abu Mazen e Mustafa Barghouthi stanno tenendo comizi  nei campi profughi di Jabalia, Rafah e in altri villaggi della striscia di Gaza.

C’e’ fermento tra i palestinesi. Questa è la seconda volta che vanno al voto per eleggere il presidente. La prima volta fu nel 1996 quando venne eletto Arafat.

 

Il nostro arrivo è segnato dall’incursione israeliana nel villaggio di Beit Lahia vicino al campo profughi di Jabalia: sette morti e 10 feriti.

Seguiamo i volontari del Medical Relief, visitiamo il luogo dell’attacco: un campo di fragole dove alcuni uomini stavano lavorando e alcuni bambini stavano giocando. Ci dicono che tre tanks sono scesi dall’insediamento di Nisanit per scovare dei presunti terroristi che all’alba avevano sparato un colpo di mortaio! Nel campo di fragole c’era “movimento”:….. sette morti tra i 18 e 25 anni, 10 feriti tra gli 11 e 16 anni, tutti parenti fra loro: fratelli, cugini, zii . Qui le famiglie vivono in comunità, condividono la casa, il lavoro, i campi, la vita.

La ricomposizione dei  morti, l’ultimo saluto fino alla sepoltura avviene con grande dignità: tutto il villaggio è per le strade mentre sulla nostra testa sorvolano gli apache israeliani che “controllano” e sparano gas  che dovrebbero servire a dare maggiore visibilità: a noi pungono e lacrimano gli occhi e brucia la gola.

Decidiamo di andare a visitare i feriti: sono  tutti bambini-ragazzi con ferite agli arti superiori e inferiori, in alcuni casi con la perdita di entrambe le gambe, altri con ferite alla testa e all’addome.

Tra i bambini feriti abbiamo trovato Thaer Abu Banat che ha riportato una ferita alla testa e alle braccia; il bambino, già ferito un’altra volta,  era stato incluso per un certo periodo nel programma di Gazzella!

I medici del reparto di rianimazione dell’ospedale di Gaza ci  permettono di entrare e fotografare, ma ci chiedono anche di fare qualcosa.

Oggi lo facciamo raccontando l’orrore di uno dei tanti bambini feriti, Aysam Galyan, 12 anni, che ha perso le gambe la mattina del 4 gennaio 2005 sotto le cannonate dei carri armati a Beit Lahia. Il bambino, scambiandoci per medici, poiché  indossavamo camici bianchi, ci chiede delle sue gambe……

Le immagini riprese  e le foto, per quello che abbiamo saputo fare, non hanno bisogno di commenti.

 

L’uso di armi pesanti comporta, se non la morte, lesioni permanenti e molto gravi, così come l’utilizzo di proiettili non convenzionali. Abbiamo visto gli esiti sul corpo di una bambina di due anni ferita alcune settimane prima: le piccole parti in metallo, “spilli”,  che fuoriescono dai proiettili lacerano i tessuti  rendendo difficile anche gli interventi di sutura.

Quando il progetto di Gazzella era nato le condizioni dell’occupazione israeliana si concretizzavano con modalità “diverse”: oggi siamo di fronte a una condizione di guerra, che il mondo ancora non vuole ammettere.

Vista la drammaticità e gravità della situazione, forse il nostro intervento ha bisogno di essere rivisto, non nelle finalità, ma  nei criteri con i quali opera e sostiene i bambini palestinesi feriti nella striscia di Gaza.

Di seguito alcune proposte:

1.       innalzamento dell’età di adozione dai 14 anni ai 16 anni;

2.       adozione a lungo termine per i bambini che hanno riportato lesioni permanenti;

3.       acquisto di attrezzature e protesi per i bambini feriti;

4.       ricerca di accordi e protocolli d’intesa con Aziende Ospedaliere e ULS per eventuali ricoveri ed interventi  chirurgici in Italia.

Inoltre, la situazione della striscia di Gaza con i suoi morti e feriti, purtroppo, non è un fatto isolato: in tutta la West Bank si registrano violenze sui civili, bambini in particolare; si potrebbe valutare l’opportunità di estendere il progetto Gazzella anche ad altre realtà palestinese.                                                          

Nei giorni successivi, accompagnati da Helane, la nostra collaboratrice amministrativa, abbiamo visitato alcuni bambini, che sono nel programma e vivono al Campo di Jabalia:

·         Bilal Jaber Abu Wadi,   anni 14, ferito allo stomaco;

·         Aher Jamal Saleh,  anni 14,  ferito alla mano destra e al viso: ha perso l’uso dell’occhio sinistro;

·         A’ed Ahmad Wahdan ,14 anni, sordo muto, ferito alla schiena;

Al campo di Beit Hanun abbiamo visitato tra gli altri, Mariam Abuklek di 11 anni, ferita alla testa. Sua sorella di 5 anni è stata uccisa l’anno scorso durante un’incursione israeliana.

Nel corso della visita al campo di Beit Hanun ci hanno segnalato il caso di una bambina che è stata ferita quattro mesi fa. Siamo andati a trovarla: si chiama Sama Awda, ha 11 anni ed è stata ferita alla testa. Le lesioni riportate le hanno paralizzato il braccio e la gamba destra: ci hanno chiesto di inserirla nel programma di riabilitazione.

Il progetto Gazzella, unito alla nostra presenza a Gaza, è molto importante sia per chi sta collaborando con noi, Medical Relief,  sia per i bambini adottati e le loro famiglie, che vivono e sentono il nostro contributo non solo come un intervento economico, ma come una condivisione della sofferenza alla quale sono sottoposti.  Nonostante che non siamo riusciti a far visita se non a un piccolo numero di bambini, le famiglie dei bambini feriti inclusi nel nostro programma hanno nel frattempo ricevuto il denaro da tutti voi inviato. La nostra presenza è stata comunque sentita e molto apprezzata. Cominceremo fin d’ora a programmare il prossimo viaggio.

 

Concludendo, vorremmo dirvi che sentiamo fortemente il dovere di  denunciare gli orrori di questa guerra che non si vuole riconoscere, denunciare il muro dell’apartheid, denunciare le violenze, soprattutto sui bambini. Lo dobbiamo fare anche perché vogliamo scindere le nostre responsabilità da quella di coloro che perpetuano questi crimini e lo facciamo potando avanti, come meglio siamo in grado di fare, il nostro progetto di solidarietà. Il nostro sostegno, per quanto piccolo possa essere rispetto ai bisogni, è utile sul piano umano e politico. Ce lo dicono i nostri amici palestinesi. Nel ringraziarvi tutti vi assicuriamo che faremo quanto possiamo per continuare insieme a portare la nostra solidarietà ai bambini palestinesi feriti.    

Un abbraccio a tutti voi

 

I volontari di Gazzella

Per ulteriori informazioni scrivere a:
pergazzella@katamail.com
Gazzella-ONLUS - c.p. 7240 - 00100 Roma Nomentano
tel-fax:0686326642
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